martedì 29 luglio 2014

OLIVIERO DA COSTA L'uomo in più della spedizione dei Mille




C'ERA UN UOMO CHE NON E' STATO MAI MENZIONATO NELLA SPEDIZIONE DEI  MILLE. NOI DI VOVEV LO ABBIAMO TROVATO

PROLOGO
 Il mio nome è Silvio. Lo so, per voi non è sufficiente sapere chi sono: di Silvio ce ne sono parecchi in giro. Pellico è stato un eroe. Eduardo certamente lo associate a De Filippo e così Silvio lo assocerete all’uomo della provvidenza. Nei libri di storia non troverete il mio nome tra i mille garibaldini, eppure c’ero. Sì, sono io l’uomo in più. Del resto, sapete bene che senza la mia presenza, la spedizione dei mille non avrebbe mai potuto aver luogo, né sapete quello che ho passato per far in modo che tutti andassero d’accordo. Se era di questi tempi avrei annullato quella spedizione e ne avrei creata un’altra più funzionale al progetto. I bergamaschi, che erano appena nove o dieci, pretendevano di avere delle garanzie per la costituzione di una lega lombarda. In poche parole volevano che promettessi la liberazione della Padania. Ed erano solo nove ma mi hanno minacciato che avrebbero aggregato al loro gruppo i veneti e i piemontesi. I centristi, che erano un folto gruppo, volevano conquistare prima Roma per sedersi sullo scanno del Parlamento e porre le basi per una grande convergenza di ideali storici e europei per un Europa, libera e liberata. Li ho ascoltati ma tutte queste convergenze avrebbero portato a delle divergenze d’influenze estero ed ortodosse che avrebbero vanificato lo sforzo del pensiero liberale tale da portare all’implosione del Centro e alla sua distruzione. Cioè, come dice il grillo parlante: parole, suffissi, prefissi, lineari, storici, paralleli per non far capire un cavolo all’interlocutore. E poi c’erano i sudisti, i così detti Africani del Nord, che volevano la solo liberazione della Sicilia in modo da costituirsi come stato libero e indipendente. Per fortuna  che allora non c’erano i comunisti. I socialisti sì! Garibaldi era tra questi. Non era un socialista puro. Era transgenico, cioè passava da una fase di socialismo rivoluzionario che abbracciava l’Europa intera a una fase di socialismo ragionato. Inaffidabile da ogni punto di vista. Nonostante ciò mi é servito allora per essere accettato come una componente importante della missione, e in futuro per la mia formazione di collage o collante di formazione e pensieri variegati. Il sapere accontentare tutti e dare quelle piccole soddisfazioni che anche un incarico di terzo o quarto livello fosse gratificante. Il parlare calmo ed intermittente senza avere alterazioni e consentire a me ( alla betty )di dire cento parole e agli altri quattro o cinque. Tutti mi vogliono bene da Pollanca, intendevo dire Paul Anka. Sì, il cantante americano. Quello che canta ogni volta ogni volta che parto... alla Fede che non mi manca mai e che mi è stato sempre a fianco. Nel mio pensiero c’é stato sempre il bene della mia Patria :l’Italia. Sì, in quei tempi era solo un embrione non ancora sviluppato con tutti questi stati e statini. Potevamo mai competere con la Francia, la Germania? (nb Alemagna è stata sempre una spina nel fianco anche allora)  E così sono sceso in campo anche se qualcuno mi ha gridato: ne potevi fare a meno. Questo sarà la storia a giudicarlo. Il mio nome è Silvio. Per la precisione Silvio Oliviero da Costa, così evitiamo confusioni parallele e futuristiche. Ah, dimenticavo! Sono lombardo, quindi italiano. Il cognome è di mio padre, portoghese, la mamma naturalmente è italianissima, cioè lombarda.


                                                                                                                                                                                                                 


LA SPEDIZIONE DEI MILLE E...UNO


Giuseppe Garibaldi andava avanti e indietro nel corridoio con le mani congiunte dietro la schiena
Era lì che aspettava da mezzora ed incominciava ad innervosirsi un po’. In altri momenti avrebbe mandato tutto al diavolo, magari avrebbe sfogato la sua ira su una giovane puledra a cavalcare per tutta la notte. Ma la cosa era molto importante e poi quello che lui aveva scelto era il più bravo e il più stimato del Nord. Nell’attesa accese il suo sigaro avana e fumò.

La giovane segretaria si avvicinò. Tossì un po’ per il fumo e, dopo essersi protetta il viso con il fazzoletto, lo invitò ad entrare.
Peppino entrò con la delicatezza di un bisonte in una prateria, e fumava maledettamente il suo sigaro Avana, morsicandolo ripetutamente.
La stanza era piccola, male illuminata ed il fumo rendeva la respirazione molto faticosa.
Il ragioniere Gallion guardò dritto negli occhi Garibaldi nello stesso momento in cui questi lo investì con una nuvola di fumo.
Sbuffò ma si mantenne calmo.
Si alzò ed apri la finestra
“Un po’ di aria pura!”, disse, ritornando poi a sedersi. Non prima di aver dato uno sguardo fugace alle guglie del Duomo di Milano.

“Generale! Quale buon vento?”, lo salutò Gallion, allungando la mano.
Dopo i convenevoli, Garibaldi si mise a sedere mentre il ragioniere cercava di spostare le pratiche che aveva sulla scrivania per sentirsi impegnato. Prese il fascicolo. Lo aprì e visionò alcune carte.
Garibaldi lo osservava attentamente in ogni suo movimento nella speranza che   trovasse qualche appiglio o cavillo per risolvere il suo caso. Ma dalla faccia del ragioniere intuì che non c’era nulla di buono.
“E allora?”, chiese spazientito don Peppe.
Gallion sbuffò un'altra volta, anche perché l’aver aperta la finestra non gli aveva portato alcun miglioramento
”C’è poco da fare. Qui non risulta niente”
“Come niente? E il periodo in cui ero il comandante di una nave a Tagonrog sul mar nero. Neanche lì risulta che ho lavorato?

tratto dal libro La spedizione dei Mille ...e uno di Raffaele Crispino
nb: l'autore è un africano del Nord
copywrite 2014  Citare la fonte

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