giovedì 19 dicembre 2013

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leggi anteprima....Scendere a Milano, soggiornare in qualche lurido albergo della stazione e poi prendere il tram per andare a Lavaduro, più o meno a cinque chilometri. Lui non era mai uscito dai confini della Campania. Qualche volta era andato a Gaeta e a Formia, ma quello era ancora il regno delle due Sicilie o il regno del Vaticano. Ma la paura che più lo teneva sulle spine era che potesse diventare come loro.
Non “ora et labora, ma labora et labora et labora”.
Si sentì improvvisamente una voce. Enzo aprì gli occhi.
Non si spaventò nel vedere un uomo con la barba ben fatta, con giacca e cravatta. Quel signore portava un cappello con su scritto Lombardo.
L’uomo gli sorrise. Si tolse il cappello e si mise a sedere sullo sgabello.
«Oh, professo’! E che fai ora? Diventi triste? Il posto. Tu hai un posto di lavoro. Pensa per quanto tempo lo hai cercato, lo hai seguito. Farai l’insegnante».
Enzo non rispose. Il lombardo continuò.
«Il sabato ci andremo a divertire e la domenica faremo faville. C’è il Milan, l’Inter. C’è la coppa dei Campioni e la Superlega. C’è la Champion liga, c’è il basket, il cricket, lo jackett, il go-kart e siamo a un passo dall’Europa, altro che Napoli, professo’. Noi ci facciamo un mazzo così per cinque giorni alla settimana ed è giusto concluderla alla grande. «E voi, scansafatiche, che cazzo avete al Sud?
«Ah,… ah! Dimenticavo. Ma certo avete il sole. Il sole che vi riscalda tutto l’anno. E avete anche il mare: ’o cap’ ’e Pusilleche add’iruse (Il capo di Posillipo in fiore). È vero, professor Enzo? Sì, è la verità; solo la pronuncia non mi viene tanto bene. Dicevo che avete il mare e il sole. E così, professo’? Perché non mi rispondi?
«È perché c’è il sole che non vi viene mai la voglia di lavorare? Ma sì, meglio distendersi al sole e bagnare i piedi nel mare limpido di Marechiaro che andare a lavorare. Lavorare stanca il fisico e la mente. Voi mi insegnate. Non vi muovete per carità, tanto a lavorare ci pensano i polentoni.
C’è qualcosa di sbagliato in quello che sto dicendo?
Uh… Per me ve lo potete mettere anche a culo il vostro mare e quel sole, infuocato che avete sempre sulla fronte. Noi siamo polentoni. Ci piace lavorare, ci piace stare nelle nostre fabbriche a costruire, e magari quando andiamo fuori prendiamo anche una bella fetta di nebbia e ce la mettiamo in tasca.
«Ma poi, i polentoni o i milanesi, come li chiamate voi, e qui se permette apro una parentesi, mi dovete spiegare per quale dannato motivo, voi, terrun, nei vostri discorsi contro il Nord, ve la prendete sempre e solo con i Milanesi. Quasi che tutto il Nord sia fatto da Milanesi. E date uno sguardo anche a sinistra, dove c’è Turin (Torino) ».
«Turin!... E dove si trova questo posto?» chiese Enzo con malizia.
«Ma a ovest di Milan, pirla.
Riprendo il discorso.
Allora i polentoni vengono d’estate al Sud a portarvi i soldi per far crescere il vostro turismo, vanno nei vostri luoghi tanto decantati e poi dopo aver svuotato il portafogli se ne ritornano nella loro nebbia.
«Eh, Pullicené (Pulcinella), la nebbia c’è. La nebbia copre tutto.
Nasconde tutto.
«E invece voi avete sempre il sole. State sempre alla luce, non c’è nessun’ombra. Tutti sanno i fatti vostri: la macchina nuova, il vestito nuovo, quante volte uscite da casa. Siete usciti per andare a messa o andate a pranzo da vostra suocera?
«Un comizio, professo’. Se fossi io farei di tutto per non farmi vedere. Invece, voi no. “Donna Rusi’ ’a do’ iate a quest’ora?(donna Rosa dove andate a quest’ora?)”.
“ Vado a prendere mio figlio a scuola”.
“Ah. Fate bene”. Poi, quando donna Rusi’ si è allontanata, sai le critiche?
 “E vi pare a voi che donna Rusi’ va a prendere suo figlio a scuola? Ma avete visto che vestito indossava e che scollatura? Mi sa tanto che la cosa puzza un po’. Povero marito suo che tira la carretta”.
«Qui da noi, se la signora del primo piano è l’amante dell’ingegnere del terzo piano, nessuno lo sa. C’è la nebbia. «La nebbia si trova dappertutto, professò. Anche sul pianerottolo di uno stabile. Se due amanti s’incontrano per strada e s’abbracciano, o si baciano o vanno in qualche albergo, mi dici tu, caro professore, con tutta la nebbia che c’è, chi cazzo li va a vedere?
«Invece da voi: “Oh Giuseppina, hai visto Maria?… È entrata nella macchina di Alfonso, il marito di Anna. Lo dicevo io che erano troppo stretti, che queste amicizie nascondono qualcosa di scandaloso”».
Ci fu una pausa. Il lombardo sembrava avesse finito la sua filippica.
Enzo lo fissò per un istante. Voleva replicare, difendere il suo Sud, ma si fermò.
Anche perché il lombardo era pronto a sparare una delle sue.
«Professo’, voglio ora sfatare un’altra leggenda. Una storiella che circola sul nostro conto e che ci fa molto male».
«Quale storiella? Ce ne sono tante» intervenne Enzo.
«Una, una in particolare. Voi sudisti andate dicendo che a Milano se vedono uno a terra che sta male nessuno si ferma per prestargli aiuto».
«Sì. Perché, non è così?»
«Professo’, non vi è mai venuto il dubbio che questa persona che ha raccontato la storiella si trovasse immerso in una fitta nebbia».
«Questa, poi!»
«Se tu stai a terra è facile vedere la gente che passa a pochi metri da te e che cammina dritta per la sua strada.
Se non lo vedono questo che sta male, come diavolo fanno ad aiutarlo?»
«Bella scusa».
«Ma va, ma va. Il fatto è che siete invidiosi. Noi abbiamo tutto, professore: soldi, donne, civiltà, mezzi di comunicazione che funzionano e poi abbiamo il “biscione”. E se ci girano le palle…»
«Se vi girano le palle?» chiese a questo fantomatico milanese il professore.
«Se ci girano le palle, mettiamo quattro fiori a piazza San Babila e ci facciamo anche il festival di Sanremo, pirla».
«Oh, adesso non esageriamo, però, con queste stronzate».
«Ed esagero sì. E tu, professore, che ami così tanto il mare e il sole, che fai adesso? Vieni a Milano? Ma sì! Vieni a lavorare al Nord. Ma non hai paura di diventare come noi? Sai che male di schiena? E che credi che qui ci si può sedere su di una panchina a prendere il sole, terrun? Ma perché non te ne stai al tuo paese? E poi se veramente vuoi venire a Milano, ricordati che c’è la nebbia. Farai bene a procurarti un bel coltello perché, quando uscirai dalla stazione di Milano Centrale, per arrivare all’albergo devi farti largo a colpi di fendenti. Hai voglia di tagliare nebbia, terrun».
Ha ragione questo pirla di un milanese. Lui crede che io commetta lo stesso errore di Totò?

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