ATTENZIONE..........IL DISOCCUPATO DOC (ovvero l'arte di non fare niente )............
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leggi anteprima....Scendere a Milano, soggiornare in qualche lurido albergo della stazione e poi prendere il tram per andare a Lavaduro, più o meno a cinque chilometri. Lui non era mai uscito dai confini della Campania. Qualche volta era andato a Gaeta e a Formia, ma quello era ancora il regno delle due Sicilie o il regno del Vaticano. Ma la paura che più lo teneva sulle spine era che potesse diventare come loro.
Non “ora et labora, ma labora et labora et
labora”.
Si sentì improvvisamente una voce. Enzo aprì
gli occhi.
Non si spaventò nel vedere un uomo con la
barba ben fatta, con giacca e cravatta. Quel signore portava un cappello con su
scritto Lombardo.
L’uomo gli sorrise. Si tolse il cappello e si
mise a sedere sullo sgabello.
«Oh, professo’! E che fai ora? Diventi
triste? Il posto. Tu hai un posto di lavoro. Pensa per quanto tempo lo hai
cercato, lo hai seguito. Farai l’insegnante».
Enzo non rispose. Il lombardo continuò.
«Il sabato ci andremo a divertire e la
domenica faremo faville. C’è il Milan, l’Inter. C’è la coppa dei Campioni e la
Superlega. C’è la Champion liga, c’è il basket, il cricket, lo jackett, il
go-kart e siamo a un passo dall’Europa, altro che Napoli, professo’. Noi ci
facciamo un mazzo così per cinque giorni alla settimana ed è giusto concluderla
alla grande. «E voi, scansafatiche, che cazzo avete al Sud?
«Ah,… ah! Dimenticavo. Ma certo avete il
sole. Il sole che vi riscalda tutto l’anno. E avete anche il mare: ’o cap’ ’e
Pusilleche add’iruse (Il capo di Posillipo in fiore). È vero, professor Enzo? Sì, è la verità; solo la
pronuncia non mi viene tanto bene. Dicevo che avete il mare e il sole. E così,
professo’? Perché non mi rispondi?
«È perché c’è il sole che non vi viene mai la
voglia di lavorare? Ma sì, meglio distendersi al sole e bagnare i piedi nel
mare limpido di Marechiaro che andare a lavorare. Lavorare stanca il fisico e
la mente. Voi mi insegnate. Non vi muovete per carità, tanto a lavorare ci
pensano i polentoni.
C’è qualcosa di sbagliato in quello che sto
dicendo?
Uh… Per me ve lo potete mettere anche a culo
il vostro mare e quel sole, infuocato che avete sempre sulla fronte. Noi siamo
polentoni. Ci piace lavorare, ci piace stare nelle nostre fabbriche a
costruire, e magari quando andiamo fuori prendiamo anche una bella fetta di
nebbia e ce la mettiamo in tasca.
«Ma poi, i polentoni o i milanesi, come li
chiamate voi, e qui se permette apro una parentesi, mi dovete spiegare per
quale dannato motivo, voi, terrun, nei vostri discorsi contro il Nord, ve la
prendete sempre e solo con i Milanesi. Quasi che tutto il Nord sia fatto da
Milanesi. E date uno sguardo anche a sinistra, dove c’è Turin
(Torino) ».
«Turin!... E dove si trova questo posto?»
chiese Enzo con malizia.
«Ma a ovest di Milan, pirla.
Riprendo il discorso.
Allora i polentoni vengono d’estate al Sud a
portarvi i soldi per far crescere il vostro turismo, vanno nei vostri luoghi
tanto decantati e poi dopo aver svuotato il portafogli se ne ritornano nella
loro nebbia.
«Eh, Pullicené (Pulcinella), la nebbia c’è. La nebbia copre tutto.
Nasconde tutto.
«E invece voi avete sempre il sole. State
sempre alla luce, non c’è nessun’ombra. Tutti sanno i fatti vostri: la macchina
nuova, il vestito nuovo, quante volte uscite da casa. Siete usciti per andare a
messa o andate a pranzo da vostra suocera?
«Un comizio, professo’. Se fossi io farei di
tutto per non farmi vedere. Invece, voi no. “Donna Rusi’ ’a do’ iate a
quest’ora?(donna Rosa dove andate a quest’ora?)”.
“ Vado a prendere mio figlio a scuola”.
“ Vado a prendere mio figlio a scuola”.
“Ah. Fate bene”. Poi, quando donna Rusi’ si è
allontanata, sai le critiche?
“E vi
pare a voi che donna Rusi’ va a prendere suo figlio a scuola? Ma avete visto che
vestito indossava e che scollatura? Mi sa tanto che la cosa puzza un po’.
Povero marito suo che tira la carretta”.
«Qui da noi, se la signora del primo piano è
l’amante dell’ingegnere del terzo piano, nessuno lo sa. C’è la nebbia. «La
nebbia si trova dappertutto, professò. Anche sul pianerottolo di uno stabile.
Se due amanti s’incontrano per strada e s’abbracciano, o si baciano o vanno in
qualche albergo, mi dici tu, caro professore, con tutta la nebbia che c’è, chi
cazzo li va a vedere?
«Invece da voi: “Oh Giuseppina, hai visto
Maria?… È entrata nella macchina di Alfonso, il marito di Anna. Lo dicevo io
che erano troppo stretti, che queste amicizie nascondono qualcosa di
scandaloso”».
Ci fu una pausa. Il lombardo sembrava avesse finito la
sua filippica.
Enzo lo fissò per un istante.
Voleva replicare, difendere il suo Sud, ma si fermò.
Anche perché il lombardo era pronto a sparare
una delle sue.
«Professo’, voglio ora sfatare un’altra
leggenda. Una storiella che circola sul nostro conto e che ci fa molto male».
«Quale storiella? Ce ne sono tante»
intervenne Enzo.
«Una, una in particolare. Voi sudisti andate
dicendo che a Milano se vedono uno a terra che sta male nessuno si ferma per
prestargli aiuto».
«Sì. Perché, non è così?»
«Professo’, non vi è mai venuto il dubbio che
questa persona che ha raccontato la storiella si trovasse immerso in una fitta
nebbia».
«Questa, poi!»
«Se tu stai a terra è facile vedere la gente
che passa a pochi metri da te e che cammina dritta per la sua strada.
Se non lo vedono questo che sta male, come
diavolo fanno ad aiutarlo?»
«Bella scusa».
«Ma va, ma va. Il fatto è che siete
invidiosi. Noi abbiamo tutto, professore: soldi, donne, civiltà, mezzi di
comunicazione che funzionano e poi abbiamo il “biscione”. E se ci girano le
palle…»
«Se vi girano le palle?» chiese a questo
fantomatico milanese il professore.
«Se ci girano le palle, mettiamo quattro
fiori a piazza San Babila e ci facciamo anche il festival di Sanremo, pirla».
«Oh, adesso non esageriamo, però, con queste
stronzate».
«Ed esagero sì. E tu, professore, che ami
così tanto il mare e il sole, che fai adesso? Vieni a Milano? Ma sì! Vieni a
lavorare al Nord. Ma non hai paura di diventare come noi? Sai che male di
schiena? E che credi che qui ci si può sedere su di una panchina a prendere il
sole, terrun? Ma perché non te ne stai al tuo paese? E poi se veramente vuoi
venire a Milano, ricordati che c’è la nebbia. Farai bene a procurarti un bel
coltello perché, quando uscirai dalla stazione di Milano Centrale, per arrivare
all’albergo devi farti largo a colpi di fendenti. Hai voglia di tagliare
nebbia, terrun».
Ha ragione questo pirla di un milanese. Lui
crede che io commetta lo stesso errore di Totò?
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