PER I MIE FANS STRANGERS AND ITALIANI UN'AMPIA VISITAZIONE DELL EBOOK
L'ORO DI CLEOPATRA....................BUON DIVERTIMENTO
2
CAPITOLO
Brocksly
17 Giugno 1975
L’agente
Cooper si sentiva stanco; aveva ricevuto molte chiamate: urgenti e non, false e
drammatiche.
C’era
quasi abituato da quando lavorava al centralino, ma quella notte avrebbe tanto
desiderato stare nel suo letto accanto a sua moglie.
Era
circa l'una, forse l'una e mezzo; ci fu un'altra chiamata.
“Pronto!
...Polizia? E' successo.”
“Cosa!
Calma, stia calma. Da dove chiama e il suo nome?”
La
donna continuò a parlare anche se con voce tremante.
“Allora!
Che cosa è successo?”, chiese l'agente Cooper.
“Ho
ucciso un uomo a ...Brocksly. Lo troverete nella villa in via...”
“Va
bene. Ho capito. Vada avanti...Che cosa ha detto? Non la riesco a sentire;
parli più forte, per favore “
La
conversazione fu bruscamente interrotta: fortuna che Cooper aveva l'indirizzo.
Quando
la macchina della polizia si fermò davanti alla villa, l'ispettore Johnny Desty
notò che la maggior parte delle stanze della villa erano illuminate.
Entrò
in casa con Alvin e due agenti.
Il
silenzio regnava sovrano nelle stanze.
L'ispettore
si recò nella stanza buia dello studio.
Alvin
accese la luce.
Lì
non c'era nessuno.
“Johnny,
vieni a vedere”, gridò Alvin.
Quando
l'ispettore si avvicinò, vide un uomo che stava disteso a terra dietro alla
scrivania.
Lo rigirò
lentamente, e solo allora
notò la lama, conficcata nel petto: il signor William Stalling era stato
ucciso.
Lungofiume
17 Giugno 1975
George Stalling
arrivò fino ai
bordi della piscina con due
tazzine piene di caffè.
“Sei
un amore”, lo ringraziò Barbara, che stava seduta sul bordo della piscina con i
piedi immersi nell'acqua. George si mise
a sedere al suo fianco.
“Che
ora sono?”, chiese Barbara.
“Non
lo so. Pranziamo da Roberto il Guascone?”
“Certo
ma dobbiamo sbrigarci. Ho l'aereo che parte alle sedici per Milano “
Stavano
per entrare in casa quando George notò che il suono della sirena della polizia
aumentava d'intensità. Quando sentì il campanello suonare, capì che la polizia
era venuta per lui.
Si
domandò cosa mai volessero.
II
capitano di polizia (sembra si chiamasse Guicciardi) si presentò
qualificandosi, e gli comunicò della morte del padre.
“Mio
padre è morto. Com'è successo? “
“Assassinato.
E’ stato ucciso con un pugnale nella sua villa”
George
non parlò più, si sentì mancare.
Barbara
si avvicinò per confortarlo: sapeva che George soffriva, nonostante i rapporti
non certo idilliaci che c'erano con suo padre.
La
polizia con discrezione lasciò la villa.
“Ma
come può essere stato e perché poi?”, si domandava George.
Barbara
gli fu vicino in silenzio. Poi si preoccupò di telefonare all'aeroporto per prenotare un posto su un
aereo che partiva per Londra alle 18.00. Lasciarono la villa che erano le
17.00; Barbara lo accompagnò fino all'aeroporto.
“Vorrei
venire ma sai che…”, si scusò.
“No,
lascia stare. Capisco”, rispose George.
Le
diede un bacio sulle labbra e s’incamminò per prendere l’aereo.
Barbara
aspettò fino a quando George non salì sulla scaletta di accesso all'aereo.
Rimase
per alcuni minuti pensierosa, seduta nella sua auto.
Si
sentì in colpa per non essere ancora libera di decidere, non era il momento di
abbandonare suo marito.
Londra
19 Giugno 1975
Al
funerale di William Stalling non c'era molta gente. George non conosceva
nessuno di quelle poche persone che erano lì; forse qualcuno pensava anche di
averlo visto qualche volta a casa ma quel ricordo era molto lontano nella sua
mente. Come quell'uomo dai modi gentili e fini, che gli mise una mano sulla
spalla con quegli occhi velati dalle lacrime, quando la bara fu calata nella
fossa.
“Addio,
mio caro William. Non giocheremo più ai soldatini di piombo”, lo sentì dire,
George.
“Haldwich...Generale
Carl Gustav Haldwich. Ero un amico di
suo padre”, gli aveva detto, quando s'era avvicinato per salutarlo.
Quando tutto fu finito, George ritornò nella villa di Brocksly. Era solo.
Uscì
e s'incamminò con i ricordi del tempo per i viali alberati del giardino.
Ricordò
le emozioni, i giochi e tutti quei momenti felici, vissuti in quella casa, e ricordò
quel giorno triste, quando ebbe la notizia che sua madre era morta: un banale
incidente stradale aveva stroncato la sua vita.
Aveva
solo tredici anni allora; la tragica morte di sua madre gli aveva procurato un
senso d'angoscia e insicurezza, che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita.
Gli
anni passarono e nonostante la buona posizione economica di suo padre, George
preferì andar via, alla ricerca di se stesso.
“Non
andare via, George. Sappi che se varchi quella porta, io non ti vorrò più in casa”, gli aveva gridato il padre
quando lo aveva visto deciso ad andar
via.
George
non ritornò più in quella casa, né ebbe contatto di
alcun genere con suo padre. Rientrò in casa.
Stava avviandosi
verso la cucina
quando sentì un
rumore forte, come di un vetro che fosse andato in frantumi. Si girò più per istinto che per la voglia di
vedere cosa era successo.
George
vide i vetri della finestra in frantumi e una pietra, che stava sul pavimento.
Prese
la pietra in mano e fu allora che sentì i colpi di pistola.
Cosa
diavolo stava accadendo?
Gli
stavano sparando. Qualcuno voleva la sua morte.
George
si buttò a terra. Osservò con
terrore le pallottole
che quasi lo sfioravano.
Silenzio.
Aspettò
ancora un poco prima di alzarsi; poi si convinse che il pericolo era passato.
Telefonò
alla polizia che arrivò dopo un'ora.
Fece
entrare l'ispettore in casa e senza parlare gli fece vedere cosa era successo.
“Stavo.
Ho sentito. Sparavano”, riuscì a dire, in modo sconclusionato.
“Va
bene. Ho capito. Non si agiti per favore”, lo rassicurò l'ispettore Desty.
L'ispettore
osservò per bene ogni cosa, fece altre domande; poi andò via, promettendogli
che avrebbe tenuto d'occhio la casa.
George
non si sentiva affatto tranquillo, e poi quell'ispettore non gli spirava alcuna
fiducia.
Fosse
stato per lui avrebbe preso quello stesso giorno un aereo per Roma; purtroppo
doveva restare a Londra ancora un paio di giorni. Si vestì, prese la macchina
ed uscì.
Verso le
diciassette si presentò
puntuale nello
studio del notaio: doveva
prendere visione del testamento di suo padre. Il notaio lesse e commentò.
“Come
ha sentito, suo padre ha lasciato tutto a lei, tranne trecentomila sterline a
favore di Mary Angel Stold e di Giulia Brandini.
“Seicentomila
sterline?”, chiese George.
“No.
Trecentomila sterline da dividere equamente tra le due donne”,
Chi
erano quelle donne e perché suo
padre aveva dato quella somma?
“C'è
qualcos'altro per lei. Devo consegnarle questa lettera, come vede è sigillata;
gliela dovevo dare solo in caso che suo padre fosse morto”,
George
prese la busta, non l'aprì; intuì dal
tatto che doveva contenere qualcosa di metallico,
forse una chiave. Durante il percorso che
fece per ritornare
alla villa, pensò a quelle due donne per capire il
motivo di quella donazione; nonostante si sforzasse,
si trovò davanti al cancello della
villa senza aver risolto l'enigma. Quando entrò in casa mise la busta sul
tavolo della cucina, aprì il frigo e prese una coca cola.
Parlò
al telefono con Barbara, alla quale non disse nulla dello spiacevole incidente
che aveva avuto.
“Sì,
penso che domani o al massimo dopodomani di essere di ritorno”, le comunicò
mentre tastava con le dita la busta che aveva in mano.
“C'è
qualcosa che non va? ...Ti sento strano “, chiese Barbara che aveva notato dal
tono di voce di George che qualcosa non andasse bene.
“Oh
...nulla. Non è successo niente. Stammi bene. A presto”
“Va
bene. Ti aspetto, amore”
George
aprì la busta e trovò una chiave e un foglio su
cui c'era scritto:
SOLVE DECUMAM,
GEORGIUS.
Che
significato poteva avere quella frase in latino?
“Solve decumam, Georgius. Paga la decima. Che significa?”, si
chiese.
Era
un bel
rompicapo; di sicuro suo padre
non era stupido e, se aveva scritto
quella frase in latino, c’erano delle ragioni.
George
era stanco e nervoso. Lasciò la villa e andò al ristorante per cenare.
3
CAPITOLO
Zona
periferica di Londra 19 Giugno 1975
La
giovane donna, quando vide le macchine della polizia fermarsi davanti casa sua,
rimase fredda e insensibile.
“Lei
deve venire con noi”, le disse un agente dell'ispettore Desty, appena entrò in
casa.
La
giovane non rispose, si limitò a seguire passivamente gli agenti.
Si
mise seduta sull'auto della polizia senza tradire alcuna emozione, come se
quello che le stava accadendo, non stesse succedendo a lei.
Quando
poi si trovò davanti all'ispettore Desty confessò senza tentennamenti il
delitto: lei aveva ucciso William Stalling.
“Perché
l'ha fatto? ...Ti ha aiutato qualcuno?”, chiese Desty.
Mary
Angel Stold non rispose rimaneva con la testa abbassata ad ascoltare quanto
l'ispettore le chiedeva.
“Che
significato ha la frase Cesare è morto...Che
significa? ...Sei stata tu a scrivere questa frase sul diario di William
Stalling?”
Mary
Angel con il viso pieno di lacrime alzò lo sguardo. Rimase muta per alcuni
minuti; sembrava un pulcino piccolo ed infreddolito in cerca di protezione.
“Quello
che ho da dire, lo dirò in tribunale. Tutti...devono sapere e capire”, riuscì a
dire con voce bassa mista a pianto Mary Angel.
“Cosa
devono sapere? Chi deve capire? Spiegati meglio”, l’assalì l'ispettore.
Mary
Angel chiese un bicchiere d'acqua.
Bevve.
“William
Stalling l'ho conosciuto circa tre anni fa, e voi questo lo sapete bene se siete riusciti in così poco tempo a
rintracciarmi “
“Sì.
E allora?”
“Brav'uomo,
il signor Stalling. Sì, era un uomo di rispetto, quel bastardo. Io sono solo
un'assassina; ho commesso un delitto atroce. Non merito alcuna pietà da parte
vostra. Lui, Stalling, ha solo ucciso mio figlio. E' un uomo di rispetto e
nessuno ha saputo nulla”
“Come!
Cosa sta dicendo. Vuoi dire che William Stalling ha ucciso tuo figlio! E quando?
“
“Sì.
Ha ucciso mio figlio, il bastardo. Mi ha
fatto abortire; non voleva che un giorno mio figlio potesse ereditare”
“Ah,
credevo...Così Stalling ti ha fatto abortire. Quando è successo?”
Mary
Angel non rispose.
“E'
per questo che l'hai ucciso? E’ così?”, chiese Desty.
“Io
dovevo farlo. Ha rovinato la mia vita. Doveva morire”, ripeté Mary Angel.
L'ispettore
capì che la giovane non avrebbe
detto altro, si avvicinò e le diede
il fazzoletto per
farla asciugare le lacrime; poi chiamò un agente.
“Portatela
via”, ordinò.
L'ispettore
si trovò solo nella stanza con Alvin.
“Rovinarsi così a
questa età. Ah, queste giovani ... vogliono tutto e subito. Cercano la vita facile. Si
concedono facilmente a chi ha un po’di soldi e poi succedono
di queste cose”, sentenziò Desty, mettendosi una sigaretta
tra le labbra.
Alvin
avvicinò la fiamma dell'accendino alla sigaretta, sapeva che Johnny non aveva
mai i fiammiferi.
“Strano
però”, si domandò Alvin.
“Cosa? “
“Quella
frase: Cesare è morto...Perché? “
“Pensi
forse che sia una frase in codice, cioè voglio dire: è un messaggio per
qualcuno?”, chiese. Desty, che aveva già messo la sigaretta nel posacenere.
“Codice!
Non penso che la nostra Mary Angel abbia
voluto giocare all'agente
segreto. La cosa deve essere più semplice di quello che sembra. Sono sicuro che
quella frase nasconda qualcosa”
“Può
darsi”, disse Johnny.
Quando
l'ispettore lasciò il suo ufficio non era per nulla convinto che il caso di
William Stalling fosse completamente risolto.
Londra
20 Giugno 1975
Il
telefono squillò per un bel po’ prima
che qualcuno si decidesse ad alzare la cornetta del telefono.
“Pronto!”,
disse una voce di donna, assonnata, con un
leggero accento spagnolo.
“Sono
Alvin. La prego di scusarmi. Ho urgente bisogno di parlare con l'ispettore?”
“El
Senior Johnny?”, chiese la donna che, prima di dare una risposta affermativa,
volse il suo sguardo verso l'uomo che le stava accanto.
Desty
aveva sentito che era Alvin. Doveva essere qualcosa d’importante se aveva
telefonato a quell'ora della notte.
“Che
c'è Alvin? Hanno per caso rapito la regina d'Inghilterra?”, chiese.
“Stold!...Mary Angel Stold si è
suicidata”
“Cosa!
Si è suicidata e quando?”
“La
comunicazione mi è stata data da poco; ti ho chiamato subito”
“Hai
fatto bene; lo sapevo che non era tutto così semplice “
“Passo
a prenderti o preferisci …”
“No.
Vieni a prendermi; sarò pronto in poco tempo”, lo interruppe Johnny
“Bene.
A presto”
Johnny
guardò la sua giovane compagna con aria stanca e rassegnata. Si alzò dal letto.
Nonostante
i suoi quarantaquattro anni aveva ancora un fisico atletico, anche se gli
rimaneva quel problema di non avere i capelli in testa.
Prima
era anche grasso ed aveva un bel po’ di pancia; poi s'era messo a dieta e aveva
frequentato anche una palestra.
L'ispettore
frequentava Consuelo da circa quattro mesi, anche se la maggior parte dei suoi
colleghi sapeva, tutti facevano finta d'ignorare: non era certo prestigioso per
un ispettore di polizia stare con una squillo.
Consuelo
era la tipica bellezza spagnola con carnagione scura: due labbra a cuore e due
seni floridi e turgidi, per non parlare poi delle gambe.
Era
davvero una donna bella ed affascinante con quei capelli lunghi e neri che le
scendevano sulle spalle.
E
fu per quella sua prorompente avvenenza che la giovane spagnola entrò in un
giro di squillo d'alto borgo, appena
giunse a Londra.
L'ispettore
l'aveva pizzicata quando prestava servizio alla buon costume.
Non
aveva avuto alcun riguardo per lei e
l'aveva sbattuta sul cellulare insieme a tutte le altre. Qualche tempo
dopo l'aveva notata che si esibiva come cantante in un locale notturno.
L'ispettore
in un primo momento non l'aveva riconosciuta. Fu Consuelo a strizzargli
l'occhio con malizia e ad invitarlo a bere un bicchiere di champagne: non gli
portava rancore.
Così
l'ispettore aveva incominciato a frequentare con più assiduità il locale, e tra
un bicchiere di champagne e un ballo era scoppiato tra i due la passione.
Johnny
in un primo momento aveva pensato che Consuelo avesse messo la testa a posto e
che avesse abbandonato l'antico mestiere ma non era così: Consuelo continuava a
fare la squillo ed era tra le più richieste; cantare per lei non era altro che
un hobby.
Che
facesse ancora la squillo a Johnny non gliene fregava proprio niente: l'aveva
accettata così com'era.
E
poi quella donna gli era entrata nel sangue, gli piaceva fare l'amore con lei,
gustare i suoi giochetti erotici, assaporare la sua carne.
Johnny
con Consuelo si sentiva libero; prima aveva avuto un rapporto con una donna
divorziata con un figlio, e sapeva bene il fastidio nel dover rispondere dei
ritardi e di tanti perché. Con Consuelo non aveva questo problema.
Johnny
sapeva che la donna poteva lasciarlo anche solo nel letto per onorare un
impegno con i suoi clienti; né lui doveva dare spiegazioni se qualche volta non
si faceva vedere o se andava a letto con qualcun'altra.
Il
loro, eppure, era amore ma un amore senza vincoli. Consuelo si avvicinò a
Johnny per aggiustargli il collo della camicia. L'ispettore sentì i seni
floridi della donna sfiorargli il petto, come se Consuelo facesse apposta ad
accostarsi e ad allontanarsi nel tentativo di sistemargli il collo della
camicia. L'ispettore non poté resistere alla tentazione di attirarla a sé.
“Ancora!”,
fece la donna, tentando di distaccarsi.
“Non
ti sei ancora stancato di me?”
“Non
si può...non si può. Ho sempre voglia di te, amore “, ripeté Johnny, che
l'abbracciò con più forza. Se non fosse stato per Mary Angel...se non fosse
stato per quella dannata faccenda sarebbe rimasto lì. L'avrebbe di nuovo presa
e scaraventata sul letto.
Consuelo
riuscì a divincolarsi. Lo fissò un po’, poi andò in cucina per prepararsi una
tazza di camomilla; ne aveva bisogno se voleva continuare a dormire.
“Ci
vediamo stasera?”, chiese Johnny, prima di varcare la porta di casa.
“Non
so se sono libera. Devo guardare nell'agenda. Forse ho un impegno!”, disse.
“Al
diavolo!”, sbraitò Johnny mentre scendeva le scale.
L'ispettore
aspettò fuori al palazzo con la sigaretta
tra le labbra che Alvin
arrivasse.
“Finalmente.
Avevo giusto bisogno di qualcuno per accendere la sigaretta”, disse, appena
aprì lo sportello della vettura.
Alvin
gli diede l'accendino.
Johnny
tirò dieci tiri di fumo in poco tempo
e poi
schiacciò la parte rimanente
della sigaretta nel posacenere.
“Allora!
Com'è questa storia? Mary Angel si è uccisa?” chiese Johnny.
“Si
è suicidata ...la morte è avvenuta per impiccagione”,
“Uh
...pensi che abbia avuto dei rimorsi per aver ucciso William Stalling?”
“No,
non credo. Non mi sembrava così disperata da fare quel gesto”
“E
allora pensi che qualcuno l'abbia aiutata?”
“Boh!
Andiamo a vedere prima come è stato. Non affrettiamo le conclusioni”
Mary
Angel Stold s'era impiccata: era suicidio. Non
c’era alcun dubbio in proposito. Quando lasciò il carcere Johnny sentì
una tristezza infinita scendergli sulla pelle.
“E'
orribile vedere una giovane donna, così bella, morire in quella maniera “,
esternò.
Brocksly
20 Giugno 1975
George
Stalling ritornò nella villa che era quasi l’una: era stato in un
caratteristico ristorante italiano a pochi chilometri da casa sua.
Lì
per sua fortuna aveva conosciuto due
simpatici sposini in viaggio di nozze (erano italiani,
pugliesi) e s'era trattenuto
a parlare con loro su vari argomenti; così le ore
erano volate e si era completamente dimenticato di tutti quei
pensieri che l'avevano fino a
poche ore prima assillato la mente.
Quando
entrò in camera da letto, gli sembrò che su ogni parete della stanza fosse scritto a caratteri cubitali quella frase: Solve Decumam Georgius.
Il
problema era ritornato nella sua mente.
Nonostante
si sforzasse di capire cosa avesse voluto
dire suo padre con quella frase
in latino, non gli veniva alla
mente alcunché gli facesse imboccare la strada giusta.
“Al
diavolo! Ci penserò domani con calma e poi se anche...manderò tutto alla
malora”, pensò Stalling.
Prese
dei tranquillanti; era convinto di non poterne fare a meno quella notte.
Riuscì
ad addormentarsi quasi subito.
Verso
le sette del mattino si svegliò. Avvertì prima di vedere la presenza di
qualcuno nella stanza. Prima che potesse dire una sola
parola, l'uomo, che stava
seduto, cercò di tranquillizzarlo.
“Non
abbia paura, signor Stalling. Non sono qui per farle del male. Sono...anzi ero
un amico di suo padre”
“Chi
sei? ...Che ci fai nella mia camera da letto?”, gridò George, spaventato.
L'uomo,
che aveva una folta barba e un fisico grosso ed abbondante, non si scompose; si
passò la mano nei capelli e continuò a parlare con calma.
“George!
Non faccia così! Sono un amico. Di me si può fidare, anzi si deve fidare”
“No!
Che vuoi? Si deve fidare! Se sei venuto per rubare, prendi quello che vuoi e va
via”, gridò.
“Non
faccia così. Non si agiti. Io sono
qui per aiutarla. Lei non lo sa
che è in pericolo di vita. Quelli hanno
già tentato una volta, non penso che sbaglieranno di nuovo”
“Lei
dice che la mia vita è in pericolo, e perché? Io non ho fatto niente. “
“Certo,
è così. Lei non ha fatto niente ma...è il figlio di William “
“E
allora! ...Che significa! Che sbaglio ha fatto mio padre perché io paghi i suoi
errori?”, chiese George, impaurito di scoprire qualche scottante verità.
Certo
che la morte violenta di William Stalling e quel strano ed indecifrabile
messaggio gli facevano pensare che la vita di suo padre non dovesse essere
stata così semplice come lui credeva.
“E'
perché lei è suo figlio che io
sono qui”
George
cercò di capire ma le parole di quell'uomo erano tutte enigmatiche e
misteriose.
“Ma...mi
volete spiegare? Mi volete dire cosa ha fatto mio padre e perché devo chiedere
la vostra protezione?”
George
Stalling stava perdendo la bussola; quell'uomo così grosso, che parlava con una
calma invidiabile, gli dava maledettamente fastidio.
“Stiamo
solo perdendo del tempo prezioso. Basta! Non faccia tante storie. Si alzi dal
letto e si vesta. Dobbiamo lasciare subito questa casa. Ma non capisce che la vogliono
uccidere. Avrà le risposte che vuole quando sarà il momento “
“Chi
mi vuole uccidere? Io devo saperlo, altrimenti non mi muoverò da qui”
George
fino a quel momento era rimasto seduto nel letto, ora s'era alzato e stava in
piedi davanti all'uomo, a
cui chiedeva continue
spiegazioni. Non si fidava.
L'uomo
si alzò dalla sedia con movimento lento, e ora George poteva visualizzare la
completa struttura fisica di chi gli stava davanti; quell'uomo era un mostro,
con quelle mani enormi e quella pancia e poi a vedere bene aveva una brutta
faccia.
“E
va bene! Ho capito, cazzo! Ma ...non riesci a capire, a convincerti che ti sono
amico. Ti voglio salvare, George”
Con
un lento movimento l'uomo prese dalla tasca una tessera e la diede a George.
“Vedi
ora chi sono? ...Agente Crowin, agente del servizio segreto M5. Hai visto bene?
Sei convinto? “
Stalling
prese il tesserino e se lo rigirò per bene tra le mani, guardò la foto per
vedere se somigliava all'uomo che aveva davanti.
“Sì,
ora sono convinto. Lei è un agente segreto del servizio M5 ed è venuto per
proteggermi. Un momento, il tempo di vestirmi; verrò con te “
Non
aveva altra scelta che quello di seguire Crowin; del resto, se
quell'uomo avesse voluto, lo avrebbe facilmente trascinato via con la forza.
Crowin
si avvicinò alla finestra; fece qualche strano cenno con le mani come se
volesse comunicare con qualcuno.
Dal
leggero sorriso che affiorava sulle sue labbra si capì che era soddisfatto di
come era riuscito a convincere George a seguirlo.
Il
suo capo poteva essere contento di come stavano andando le cose. Erano le otto
del mattino quando George lasciò la villa: una macchina aspettava con il motore
acceso davanti al cancello.
L'autista
fece un sorriso di compiacimento quando George si avvicinò; poco dopo l'auto
partì veloce e si perse tra le strade della grande metropoli che lentamente si
stava svegliando.
Londra
20 Giugno 1975
“Ho
saputo dalla radio di Mary Angel Stold e del suo suicidio in carcere. Io dovevo
venire”,
Il
notaio aveva il fiatone, sudava ed era molto nervoso.
“Bene. Non si agiti. Ora lei è qui e ci
racconterà quello che vuole, ma si calmi”, disse Desty.
Il
notaio si asciugò con il fazzoletto la fronte sudata ed aspettò di essere
interrogato. L'ispettore si mise una sigaretta tra le labbra e non sembrò
affatto impaziente d'interrogare il notaio, anzi sembrava che s'interessasse di
tutt'altra cosa.
Alvin
entrò nella stanza, prese l'accendino e fece per accendere.
“No.
Lascia stare, Alvin. Non ho voglia di fumare ora. Prendo piuttosto un caffè. Ne
vuoi?”
“Sì,
vada per il caffè”, confermò Alvin, mettendosi l'accendino in tasca.
L'ispettore
prese la caffettiera e versò il caffè nelle tazze; ne offrì anche al notaio che
rifiutò.
“Ah,
ci voleva proprio”, gustò Johnny, appena il caffè gli attraversò l'esofago.
Il
notaio osservava tutto quello che facevano in quella stanza con aria
pensierosa.
“La
vedo calmo, ora”, disse l'ispettore.
“Finalmente!”,
pensò il notaio che non vedeva l'ora di
raccontare quello che sapeva e di ritornare al suo vivere quotidiano.
“Se
non sbaglio, lei ha accennato alla Stold, non è così?”
“Sì.
Volevo parlarvi appunto di Mary Angel Stold”, rispose con un fil di voce.
“Quindi,
a quel che ho capito, lei è venuto a conoscenza che Mary Angel ha ucciso
William Stalling e che poi si è suicidata, giusto?
“Sì,
è come dice lei”
“Ora
è qui per raccontarci qualche altro particolare importante sull'omicidio di
William Stalling”
“No.
Non so niente su quello omicidio. Io volevo solo dirvi alcune cose. Sta a voi
valutare se è il caso...Ecco voglio dirvi che questa Mary Angel, la donna che
si è uccisa in carcere, è beneficiaria di una consistente cifra donata dal
signor Stalling”
“Ho
capito bene! Lei vuol dire che il signor William Stalling nel suo testamento ha
fatto una donazione in favore di ...Mary Angel Stold, la donna che lo ha
ucciso?”
“Sì.
In parte è come ha detto lei. Il signor Stalling ha fatto una donazione di
centocinquantamila sterline a Mary Angel Stold e di centocinquantamila sterline
a....Giulia Brandini”
L'ispettore
continuò a chiedere varie cose al notaio; questi poté andar via solo dopo circa
tre ore.
Il
notaio, però, non aveva accennato alla busta che aveva consegnato a George.
Quando
si trovarono soli nell'ufficio, Alvin tirò fuori dalla tasca una sigaretta e si
mise a fumare. '
“Uh
... centocinquantamila sterline sono una bella cifra”, osservò Alvin.
“Già!
Una bella cifra! Mi sto chiedendo perché Stalling ha fatto quella donazione”
L'ispettore,
che aveva visto il fumo che usciva dalle narici di Alvin, incominciò a sentire
il bisogno di fumare; così, senza pensarci su, prese dal pacchetto la sigaretta
e chiese l'accendino.
Alvin
glielo diede prontamente, ma Desty non si decideva ad accendere. Pensò, che era
meglio rimandare; avrebbe fumato più tardi.
“Allora!
Come vedi questa faccenda?”, chiese Desty.
“A
dir la verità non la vedo proprio bene, Johnny”
“Cosa
vuoi dire. Hai qualche idea in proposito?”
“C’è
qualcosa che non quadra. Che cosa ha spinto William Stalling a fare quella donazione? E poi...chi è
Giulia Brandini? Che relazione c'è tra le due donne? Perché hanno avuto
la stessa cifra?”
L'ispettore
Desty pensò che era giunto il momento di fumare.
“Già!
La stessa cifra ... centocinquantamila sterline! Pensi che questa
Giulia...Giulia Brandini possa essere
anche lei implicata nell'omicidio di William Stalling? “
Alvin
schiacciò il mozzicone di sigaretta nel posacenere, si passò una mano nei
lunghi biondi capelli e si avvicinò alla finestra.
“Forse
...può anche essere che Giulia Brandini abbia aiutato Mary Angel Stold. Ma...le
due donne si conoscevano?”
“Dovremmo
indagare. Di Giulia Brandini non avevamo sentito parlare prima”, rispose Desty
che si passò una mano in testa con un gesto istintivo; voleva emulare Alvin.
Gli dava maledettamente fastidio vedere Alvin conficcarsi la mano in quella
folta capigliatura. Pensò che lo facesse apposta per farlo arrabbiare.
“Già!
Indagare, sapere, verificare...In che data è stato fatto il testamento di
William Stalling?”
Johnny
fu sorpreso da questa domanda.
“Data!
Testamento! E che diavolo ne so io? “
“Potrebbe
essere importante”, rispose Alvin, che senza aspettare alcun altra risposta, si
precipitò a comporre il numero di telefono del notaio.
La
segretaria lo pregò di attendere un solo istante, il
tempo di passare la comunicazione al notaio.
“Dieci
anni. Il testamento di William Stalling è stato redatto dieci anni fa”
“Dieci
anni”! ...Caspita! Ma allora Stalling già conosceva Mary Angel Stold e
all'epoca doveva conoscere anche Giulia Brandini”
Alvin
riprese a fumare; Desty si trattenne da emularlo.
“Uh,
che rebus! Cosa ne pensi Johnny? Il signor William Stalling dieci anni fa si
presenta dal notaio e redige il testamento... centocinquantamila sterline per
Mary Angel Stold e centocinquantamila sterline per ...Giulia Brandini”,
“Forse
faremo bene ad indagare su questa Giulia Brandini per sapere almeno se si trova
in Inghilterra o in Italia”
Alvin
mise la sigaretta ancora accesa nel posacenere e si versò nella tazza altro
caffè: gli piaceva molto quella bevanda.
“Sì.
Non penso che impiegheremmo molto tempo a sapere dove si trova Giulia Brandini,
ma per ora è meglio lasciar perdere; non complichiamo le cose. Cerchiamo di
sapere qualcosa in più su Mary Angel Stold, di Giulia Brandini ci occuperemo in
seguito se sarà il caso. Io comincerei a dare un'occhiata alla clinica”,
consigliò Desty.
“St. Maurizius”, disse, convinto, Alvin.
“La
clinica St. Maurizius! La clinica
dove Mary Angel ha detto di aver abortito?”
“Appunto!”
Non
persero altro tempo.
La
clinica St.Maurizius è una struttura
moderna e funzionale di proprietà di un certo Scontenly, un ricco mercante
d'oro. Il sistema previdenziale è completamente privato. I clienti della
clinica sono per lo più ricchi banchieri o persone dell'alta finanza o gente
danarosa che può permettersi la consistente retta giornaliera.
La
clinica è completamente immersa nel verde, e prima di arrivare alla costruzione
in cemento, antisismica, bisogna percorrere un lungo viale.
Nella
clinica funziona un ottimo servizio alberghiero per quelle persone che
desiderano rimanere accanto ai loro cari per tutto il periodo della degenza.
Johnny
Desty non poté che convenire che William Stalling aveva scelto bene il luogo
per fare abortire Mary Angel Stold; avrebbe potuto contare sui migliori specialisti
del ramo e sulla totale omertà.
“Sono
l'ispettore Desty”, disse, quando si presentò alla reception della clinica,
mostrando il tesserino.
L'infermiere lo
accompagnò dal direttore
sanitario, al quale Desty chiese
di voler visionare la cartella clinica di
Mary Angel Stold. Niente!
Nonostante
le ricerche, nessuna donna con quel nome era stata ricoverata nella clinica per
un qualsiasi motivo negli ultimi tre anni.
Non
ne caveremo niente”, disse Desty mentre si metteva una sigaretta tra le labbra.
Alvin,
come faceva quasi sempre, accostò la fiamma dell'accendino alla punta della
sigaretta.
Johnny
Desty aspirò in poco tempo il nero fumo, e si tenne poi la sigaretta tra le
dita, aspettando che questa si consumasse da sola.
“Vado
dal professore Schopenhauer”, disse, deciso, Johnny.
“Schopenhauer!
...E chi è? Sa qualcosa su Mary Angel Stold?”
“Tenterò.
Penso però che dovremo tornare qualche altra volta in questa clinica per avere
un briciolo di verità. So però che il professore è un esperto...di fama
internazionale”,
“Quale
branca specialistica?”, chiese, curioso, Alvin.
Johnny
Desty non rispose, indicò con la mano la testa ed Alvin capì che la mania di
Johnny di voler a tutti i costi farsi crescere i capelli in testa non lo
abbandonava mai.
Il
professore fu molto gentile. Lo visitò con grande attenzione.
“Allora?
- chiese Johnny, ansioso - C'è qualche
speranza? Pensa che…”
“Forse...dovremo
fare molte analisi, dei controlli
speciali. Può venire la prossima settimana? “
“Certo...la
prossima settimana. Devo giusto ritornare in questa clinica per sapere alcune
cose su Mary Angel Stold ...lei la conosceva? “ —
“Forse...ne
passano tante in questa clinica. Per quale motivo fu ricoverata?”
“Aborto...Ha
abortito circa due anni fa se non sbaglio.
“Chieda
in direzione, lì sapranno senz’altro rispondervi. Allora...le fisso un
appuntamento per la prossima settimana?”
“Sì”,
confermò l'ispettore.
Quando
Johnny uscì dallo studio del dottor Schopenhauer, Alvin si avvicinò e chiese se
c'erano speranze.
“Forse...così
ha detto il professore, così
dicono tutti. Nessuno ti dà una
condanna definitiva”, rispose
Johnny, infilandosi una sigaretta tra le labbra. Alvin questa volta gli passò
l'accendino.
“Tienilo!
...Da come stai fumando, penso che è meglio che lo tenga tu “
“Non
dire stronzate, Alvin. Sai bene che il mio è un metodo per limitare il fumo”
“...Hai
saputo qualcosa su Mary Angel Stold?”, chiese Alvin, sapendo che il suo capo
difficilmente si sarebbe lasciato sfuggire l'occasione...
ADIOS COMPAGNERO
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