C'ERA UN UOMO CHE NON E' STATO MAI MENZIONATO NELLA SPEDIZIONE DEI MILLE. NOI DI VOVEV LO ABBIAMO TROVATO
PROLOGO
Il mio nome è Silvio.
Lo so, per voi non è sufficiente sapere chi sono: di Silvio ce ne sono parecchi
in giro. Pellico è stato un eroe. Eduardo certamente lo associate a De Filippo
e così Silvio lo assocerete all’uomo della provvidenza. Nei libri di storia non
troverete il mio nome tra i mille garibaldini, eppure c’ero. Sì, sono io l’uomo
in più. Del resto, sapete bene che senza la mia presenza, la spedizione dei
mille non avrebbe mai potuto aver luogo,
né
sapete quello che ho passato per far in modo che tutti andassero d’accordo. Se
era di questi tempi avrei annullato quella spedizione e ne avrei creata
un’altra più funzionale al progetto. I bergamaschi, che erano appena nove o
dieci, pretendevano di avere delle garanzie per la costituzione di una lega
lombarda. In poche parole volevano che promettessi la liberazione della
Padania. Ed erano solo nove ma mi hanno minacciato che avrebbero aggregato al
loro gruppo i veneti e i piemontesi. I centristi, che erano un folto gruppo,
volevano conquistare prima Roma per sedersi sullo scanno del Parlamento e porre
le basi per una grande convergenza di ideali storici e europei per un Europa, libera
e liberata. Li ho ascoltati ma tutte queste convergenze avrebbero portato a
delle divergenze d’influenze estero ed ortodosse che avrebbero vanificato lo
sforzo del pensiero liberale tale da portare all’implosione del Centro e alla
sua distruzione. Cioè, come dice il grillo parlante: parole, suffissi,
prefissi, lineari, storici, paralleli per non far capire un cavolo all’interlocutore.
E poi c’erano i sudisti, i così detti Africani del Nord, che volevano la solo
liberazione della Sicilia in modo da costituirsi come stato libero e
indipendente. Per fortuna che allora non
c’erano i comunisti. I socialisti sì! Garibaldi era tra questi. Non era un
socialista puro. Era transgenico, cioè passava da una fase di socialismo
rivoluzionario che abbracciava l’Europa intera a una fase di socialismo
ragionato. Inaffidabile da ogni punto di vista. Nonostante ciò mi é servito
allora per essere accettato come una componente importante della missione, e in
futuro per la mia formazione di collage o collante di formazione e pensieri
variegati. Il sapere accontentare tutti e dare quelle piccole soddisfazioni che
anche un incarico di terzo o quarto livello fosse gratificante. Il parlare
calmo ed intermittente senza avere alterazioni e consentire a me ( alla betty )di
dire cento parole e agli altri quattro o cinque. Tutti mi vogliono bene da Pollanca,
intendevo dire Paul Anka. Sì, il cantante americano. Quello che canta ogni
volta ogni volta che parto... alla Fede che non mi manca mai e che mi è stato
sempre a fianco. Nel mio pensiero c’é stato sempre il bene della mia Patria :l’Italia.
Sì, in quei tempi era solo un embrione non ancora sviluppato con tutti questi
stati e statini. Potevamo mai competere con la Francia, la Germania? (nb Alemagna
è stata sempre una spina nel fianco anche allora) E così sono sceso in campo anche se qualcuno
mi ha gridato: ne potevi fare a meno. Questo sarà la storia a giudicarlo. Il
mio nome è Silvio. Per la precisione Silvio Oliviero da Costa, così evitiamo
confusioni parallele e futuristiche. Ah, dimenticavo! Sono lombardo, quindi
italiano. Il cognome è di mio padre, portoghese, la mamma naturalmente è
italianissima, cioè lombarda.
LA SPEDIZIONE DEI MILLE E...UNO
Giuseppe Garibaldi andava avanti e
indietro nel corridoio con le mani congiunte dietro la schiena
Era lì che aspettava da mezzora ed
incominciava ad innervosirsi un po’. In altri momenti avrebbe mandato tutto al
diavolo, magari avrebbe sfogato la sua ira su una giovane puledra a cavalcare
per tutta la notte. Ma la cosa era molto importante e poi quello che lui aveva
scelto era il più bravo e il più stimato del Nord. Nell’attesa accese il suo sigaro
avana e fumò.
La giovane segretaria si avvicinò. Tossì
un po’ per il fumo e, dopo essersi protetta il viso con il fazzoletto, lo
invitò ad entrare.
Peppino entrò con la
delicatezza di un bisonte in una prateria, e fumava maledettamente il suo
sigaro Avana, morsicandolo ripetutamente.
La stanza era
piccola, male illuminata ed il fumo rendeva la respirazione molto faticosa.
Il ragioniere Gallion
guardò dritto negli occhi Garibaldi nello stesso momento in cui questi lo
investì con una nuvola di fumo.
Sbuffò ma si mantenne
calmo.
Si alzò ed apri la
finestra
“Un
po’ di aria pura!”, disse, ritornando poi a sedersi. Non prima di aver dato uno
sguardo fugace alle guglie del Duomo di Milano.
“Generale! Quale buon vento?”, lo
salutò Gallion, allungando la mano.
Dopo i convenevoli, Garibaldi si mise a
sedere mentre il ragioniere cercava di spostare le pratiche che aveva sulla
scrivania per sentirsi impegnato.
Prese il
fascicolo. Lo aprì e visionò alcune carte.
Garibaldi lo
osservava attentamente in ogni suo movimento nella speranza che trovasse qualche appiglio o cavillo per
risolvere il suo caso. Ma dalla faccia del ragioniere intuì che non c’era nulla
di buono.
“E
allora?”, chiese spazientito don Peppe.
Gallion sbuffò
un'altra volta, anche perché l’aver aperta la finestra non gli aveva portato
alcun miglioramento
”C’è
poco da fare. Qui non risulta niente”
“Come
niente? E il periodo in cui ero il comandante di una nave a Tagonrog sul mar
nero. Neanche lì risulta che ho lavorato?
tratto dal libro La spedizione dei Mille ...e uno di Raffaele Crispino
nb: l'autore è un africano del Nord
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