sabato 13 dicembre 2014

AUGURI CON L'ORO DI CLEOPATRA


PER I MIE FANS STRANGERS AND ITALIANI UN'AMPIA VISITAZIONE DELL EBOOK
L'ORO DI CLEOPATRA....................BUON DIVERTIMENTO

2 CAPITOLO

Brocksly 17 Giugno 1975
L’agente Cooper si sentiva stanco; aveva ricevuto molte chiamate: urgenti e non, false e drammatiche.
C’era quasi abituato da quando lavorava al centralino, ma quella notte avrebbe tanto desiderato stare nel suo letto accanto a sua moglie.
Era circa l'una, forse l'una e mezzo; ci fu un'altra chiamata.
“Pronto! ...Polizia? E' successo.”
“Cosa! Calma, stia calma. Da dove chiama e il suo nome?”
La donna continuò a parlare anche se con voce tremante.
“Allora! Che cosa è successo?”, chiese l'agente Cooper.
“Ho ucciso un uomo a ...Brocksly. Lo troverete nella villa in via...”
“Va bene. Ho capito. Vada avanti...Che cosa ha detto? Non la riesco a sentire; parli più forte, per favore “
La conversazione fu bruscamente interrotta: fortuna che Cooper aveva l'indirizzo.
Quando la macchina della polizia si fermò davanti alla villa, l'ispettore Johnny Desty notò che la maggior parte delle stanze della villa erano illuminate.
Entrò in casa con Alvin e due agenti.
Il silenzio regnava sovrano nelle stanze.
L'ispettore si recò nella stanza buia dello studio.
Alvin accese la luce.
Lì non c'era nessuno.
“Johnny, vieni a vedere”, gridò Alvin.
Quando l'ispettore si avvicinò, vide un uomo che stava disteso a terra dietro alla scrivania.
Lo   rigirò    lentamente, e    solo    allora    notò la lama, conficcata nel petto: il signor William Stalling era stato ucciso.

Lungofiume 17 Giugno 1975

George   Stalling   arrivò   fino   ai   bordi    della piscina con due tazzine piene di caffè.
“Sei un amore”, lo ringraziò Barbara, che stava seduta sul bordo della piscina con i piedi immersi nell'acqua.  George si mise a sedere al suo fianco.
“Che ora sono?”, chiese Barbara.
“Non lo so. Pranziamo da Roberto il Guascone?”
“Certo ma dobbiamo sbrigarci. Ho l'aereo che parte alle sedici per Milano “
Stavano per entrare in casa quando George notò che il suono della sirena della polizia aumentava d'intensità. Quando sentì il campanello suonare, capì che la polizia era venuta per lui.
Si domandò cosa mai volessero.
II capitano di polizia (sembra si chiamasse Guicciardi) si presentò qualificandosi, e gli comunicò della morte del padre.
“Mio padre è morto. Com'è successo? “
“Assassinato. E’ stato ucciso con un pugnale nella sua villa”
George non parlò più, si sentì mancare.
Barbara si avvicinò per confortarlo: sapeva che George soffriva, nonostante i rapporti non certo idilliaci che c'erano con suo padre.
La polizia con discrezione lasciò la villa.
“Ma come può essere stato e perché poi?”, si domandava George.
Barbara gli fu vicino in silenzio. Poi si preoccupò di telefonare   all'aeroporto per prenotare un posto su un aereo che partiva per Londra alle 18.00. Lasciarono la villa che erano le 17.00; Barbara lo accompagnò fino all'aeroporto.
“Vorrei venire ma sai che…”, si scusò.
“No, lascia stare. Capisco”, rispose George.
Le diede un bacio sulle labbra e s’incamminò per prendere l’aereo.
Barbara aspettò fino a quando George non salì sulla scaletta di accesso all'aereo.
Rimase per alcuni minuti pensierosa, seduta nella sua auto.
Si sentì in colpa per non essere ancora libera di decidere, non era il momento di abbandonare suo marito.

Londra 19 Giugno 1975

Al funerale di William Stalling non c'era molta gente. George non conosceva nessuno di quelle poche persone che erano lì; forse qualcuno pensava anche di averlo visto qualche volta a casa ma quel ricordo era molto lontano nella sua mente. Come quell'uomo dai modi gentili e fini, che gli mise una mano sulla spalla con quegli occhi velati dalle lacrime, quando la bara fu calata nella fossa.
“Addio, mio caro William. Non giocheremo più ai soldatini di piombo”, lo sentì dire, George.
“Haldwich...Generale Carl Gustav Haldwich. Ero un   amico   di   suo padre”, gli aveva detto, quando s'era avvicinato per salutarlo. Quando tutto fu finito, George ritornò nella villa di Brocksly. Era solo.
Uscì e s'incamminò con i ricordi del tempo per i viali alberati del giardino.
Ricordò le emozioni, i giochi e tutti quei momenti felici, vissuti in quella casa, e ricordò quel giorno triste, quando ebbe la notizia che sua madre era morta: un banale incidente stradale aveva stroncato la sua vita.
Aveva solo tredici anni allora; la tragica morte di sua madre gli aveva procurato un senso d'angoscia e insicurezza, che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita.
Gli anni passarono e nonostante la buona posizione economica di suo padre, George preferì andar via, alla ricerca di se stesso.
“Non andare via, George. Sappi che se varchi quella porta, io non ti vorrò   più in casa”, gli aveva gridato il padre quando lo aveva visto deciso ad   andar via.
George non ritornò più in quella casa, né ebbe contatto   di   alcun genere con suo padre. Rientrò in casa.
Stava   avviandosi   verso   la   cucina   quando   sentì    un    rumore forte, come di un vetro che fosse andato   in frantumi. Si girò più   per istinto che per la voglia   di   vedere   cosa   era successo.
George vide i vetri della finestra in frantumi e una pietra, che stava sul pavimento.
Prese la pietra in mano e fu allora che sentì i colpi di pistola.
Cosa diavolo stava accadendo?
Gli stavano sparando. Qualcuno voleva la sua morte.
George si buttò a terra. Osservò con   terrore   le   pallottole   che quasi lo sfioravano.
Silenzio.
Aspettò ancora un poco prima di alzarsi; poi si convinse che il pericolo era passato.
Telefonò alla polizia che arrivò dopo un'ora.
Fece entrare l'ispettore in casa e senza parlare gli fece vedere cosa era successo.
“Stavo. Ho sentito. Sparavano”, riuscì a dire, in modo sconclusionato.
“Va bene. Ho capito. Non si agiti per favore”, lo rassicurò l'ispettore Desty.
L'ispettore osservò per bene ogni cosa, fece altre domande; poi andò via, promettendogli che avrebbe tenuto d'occhio la casa.
George non si sentiva affatto tranquillo, e poi quell'ispettore non gli spirava alcuna fiducia.
Fosse stato per lui avrebbe preso quello stesso giorno un aereo per Roma; purtroppo doveva restare a Londra ancora un paio di giorni. Si vestì, prese la macchina ed uscì.
Verso   le   diciassette   si    presentò    puntuale    nello     studio    del notaio: doveva prendere visione del testamento di suo padre. Il notaio lesse e commentò.
“Come ha sentito, suo padre ha lasciato tutto a lei, tranne trecentomila sterline a favore di Mary Angel Stold e di Giulia Brandini.
“Seicentomila sterline?”, chiese George.
“No. Trecentomila sterline da dividere equamente tra le due donne”,
Chi erano quelle donne e perché suo   padre   aveva   dato quella somma?
“C'è qualcos'altro per lei. Devo consegnarle questa lettera, come vede è sigillata; gliela dovevo dare solo in caso che suo padre fosse morto”,
George prese la   busta, non   l'aprì; intuì   dal   tatto   che   doveva contenere qualcosa di metallico, forse una chiave. Durante il percorso che   fece   per   ritornare   alla   villa, pensò a quelle due donne per capire il motivo   di   quella donazione; nonostante si sforzasse, si trovò   davanti al cancello della villa senza aver risolto l'enigma. Quando entrò in casa mise la busta sul tavolo   della   cucina, aprì il frigo e prese una coca cola.
Parlò al telefono con Barbara, alla quale non disse nulla dello spiacevole incidente che aveva avuto.
“Sì, penso che domani o al massimo dopodomani di essere di ritorno”, le comunicò mentre tastava con le dita la busta che aveva in mano.
“C'è qualcosa che non va? ...Ti sento strano “, chiese Barbara che aveva notato dal tono di voce di George che qualcosa non andasse bene.
“Oh ...nulla. Non è successo niente. Stammi bene. A presto”
“Va bene. Ti aspetto, amore”
George aprì la busta e trovò una chiave e un foglio su cui c'era scritto:  

SOLVE DECUMAM, GEORGIUS.

Che significato poteva avere quella frase in latino?
“Solve decumam, Georgius. Paga la decima. Che significa?”, si chiese.
Era un   bel   rompicapo; di sicuro   suo padre non era stupido e, se   aveva   scritto   quella   frase   in latino, c’erano delle ragioni.
George era stanco e nervoso. Lasciò la villa e andò al ristorante per cenare.






3 CAPITOLO

Zona periferica di Londra 19 Giugno 1975

La giovane donna, quando vide le macchine della polizia fermarsi davanti casa sua, rimase fredda e insensibile.
“Lei deve venire con noi”, le disse un agente dell'ispettore Desty, appena entrò in casa.
La giovane non rispose, si limitò a seguire passivamente gli agenti.
Si mise seduta sull'auto della polizia senza tradire alcuna emozione, come se quello che le stava accadendo, non stesse succedendo a lei.
Quando poi si trovò davanti all'ispettore Desty confessò senza tentennamenti il delitto: lei aveva ucciso William Stalling.
“Perché l'ha fatto? ...Ti ha aiutato qualcuno?”, chiese Desty.
Mary Angel Stold non rispose rimaneva con la testa abbassata ad ascoltare quanto l'ispettore le chiedeva.
“Che significato ha la frase Cesare è morto...Che significa? ...Sei stata tu a scrivere questa frase sul diario di William Stalling?”
Mary Angel con il viso pieno di lacrime alzò lo sguardo. Rimase muta per alcuni minuti; sembrava un pulcino piccolo ed infreddolito in cerca di protezione.
“Quello che ho da dire, lo dirò in tribunale. Tutti...devono sapere e capire”, riuscì a dire con voce bassa mista a pianto Mary Angel.
“Cosa devono sapere? Chi deve capire? Spiegati meglio”, l’assalì l'ispettore.
Mary Angel chiese un bicchiere d'acqua.
Bevve.
“William Stalling l'ho conosciuto circa tre anni fa, e voi questo lo sapete bene se siete riusciti in così poco tempo a rintracciarmi “
“Sì. E allora?”
“Brav'uomo, il signor Stalling. Sì, era un uomo di rispetto, quel bastardo. Io sono solo un'assassina; ho commesso un delitto atroce. Non merito alcuna pietà da parte vostra. Lui, Stalling, ha solo ucciso mio figlio. E' un uomo di rispetto e nessuno ha saputo nulla”
“Come! Cosa sta dicendo. Vuoi dire che William Stalling ha ucciso tuo figlio! E quando? “
“Sì. Ha ucciso mio figlio, il bastardo. Mi ha fatto abortire; non voleva che un giorno mio figlio potesse ereditare”
“Ah, credevo...Così Stalling ti ha fatto abortire. Quando è successo?”
Mary Angel non rispose.
“E' per questo che l'hai ucciso? E’ così?”, chiese Desty.
“Io dovevo farlo. Ha rovinato la mia vita. Doveva morire”, ripeté Mary Angel.
L'ispettore capì che la giovane non avrebbe   detto   altro, si avvicinò   e   le   diede   il   fazzoletto   per   farla   asciugare   le lacrime; poi chiamò un agente.
“Portatela via”, ordinò.
L'ispettore si trovò solo nella stanza con Alvin.
“Rovinarsi   così a   questa età. Ah, queste giovani ... vogliono   tutto e subito. Cercano la vita facile. Si concedono facilmente a chi ha un po’di soldi e poi   succedono   di queste cose”, sentenziò Desty, mettendosi una   sigaretta   tra   le labbra.
Alvin avvicinò la fiamma dell'accendino alla sigaretta, sapeva che Johnny non aveva mai i fiammiferi.
“Strano però”, si domandò Alvin.
 “Cosa? “
“Quella frase: Cesare è morto...Perché? “
“Pensi forse che sia una frase in codice, cioè voglio dire: è un messaggio per qualcuno?”, chiese. Desty, che aveva già messo la sigaretta nel posacenere.
“Codice! Non penso che la nostra Mary   Angel   abbia   voluto   giocare all'agente segreto. La cosa deve essere più semplice di quello che sembra. Sono sicuro che quella frase nasconda qualcosa”
“Può darsi”, disse Johnny.
Quando l'ispettore lasciò il suo ufficio non era per nulla convinto che il caso di William Stalling fosse completamente risolto.

Londra 20 Giugno 1975

Il telefono squillò per un bel po’ prima   che qualcuno si decidesse ad alzare la cornetta del telefono.
“Pronto!”, disse una voce di donna, assonnata, con un    leggero accento spagnolo.
“Sono Alvin. La prego di scusarmi. Ho urgente bisogno di parlare con l'ispettore?”
“El Senior Johnny?”, chiese la donna che, prima di dare una risposta affermativa, volse il suo sguardo verso l'uomo che le stava accanto.
Desty aveva sentito che era Alvin. Doveva essere qualcosa d’importante se aveva telefonato a quell'ora della notte.
“Che c'è Alvin? Hanno per caso rapito la regina d'Inghilterra?”, chiese.
“Stold!...Mary Angel Stold si è suicidata”
“Cosa! Si è suicidata e quando?”
“La comunicazione mi è stata data da poco; ti ho chiamato subito”
“Hai fatto bene; lo sapevo che non era tutto così semplice “
“Passo a prenderti o preferisci …”
“No. Vieni a prendermi; sarò pronto in poco tempo”, lo interruppe Johnny
“Bene. A presto”
Johnny guardò la sua giovane compagna con aria stanca e rassegnata. Si alzò dal letto.
Nonostante i suoi quarantaquattro anni aveva ancora un fisico atletico, anche se gli rimaneva quel problema di non avere i capelli in testa.
Prima era anche grasso ed aveva un bel po’ di pancia; poi s'era messo a dieta e aveva frequentato anche una palestra.
L'ispettore frequentava Consuelo da circa quattro mesi, anche se la maggior parte dei suoi colleghi sapeva, tutti facevano finta d'ignorare: non era certo prestigioso per un ispettore di polizia stare con una squillo.
Consuelo era la tipica bellezza spagnola con carnagione scura: due labbra a cuore e due seni floridi e turgidi, per non parlare poi delle gambe.
Era davvero una donna bella ed affascinante con quei capelli lunghi e neri che le scendevano sulle spalle.
E fu per quella sua prorompente avvenenza che la giovane spagnola entrò in un giro di squillo d'alto borgo, appena giunse a Londra.
L'ispettore l'aveva pizzicata quando prestava servizio alla buon costume.
Non aveva avuto alcun riguardo per lei e   l'aveva sbattuta sul cellulare insieme a tutte le altre. Qualche tempo dopo l'aveva notata che si esibiva come cantante in un locale notturno.
L'ispettore in un primo momento non l'aveva riconosciuta. Fu Consuelo a strizzargli l'occhio con malizia e ad invitarlo a bere un bicchiere di champagne: non gli portava rancore.
Così l'ispettore aveva incominciato a frequentare con più assiduità il locale, e tra un bicchiere di champagne e un ballo era scoppiato tra i due la passione.

Johnny in un primo momento aveva pensato che Consuelo avesse messo la testa a posto e che avesse abbandonato l'antico mestiere ma non era così: Consuelo continuava a fare la squillo ed era tra le più richieste; cantare per lei non era altro che un hobby.
Che facesse ancora la squillo a Johnny non gliene fregava proprio niente: l'aveva accettata così com'era.
E poi quella donna gli era entrata nel sangue, gli piaceva fare l'amore con lei, gustare i suoi giochetti erotici, assaporare la sua carne.
Johnny con Consuelo si sentiva libero; prima aveva avuto un rapporto con una donna divorziata con un figlio, e sapeva bene il fastidio nel dover rispondere dei ritardi e di tanti perché. Con Consuelo non aveva questo problema.
Johnny sapeva che la donna poteva lasciarlo anche solo nel letto per onorare un impegno con i suoi clienti; né lui doveva dare spiegazioni se qualche volta non si faceva vedere o se andava a letto con qualcun'altra.
Il loro, eppure, era amore ma un amore senza vincoli. Consuelo si avvicinò a Johnny per aggiustargli il collo della camicia. L'ispettore sentì i seni floridi della donna sfiorargli il petto, come se Consuelo facesse apposta ad accostarsi e ad allontanarsi nel tentativo di sistemargli il collo della camicia. L'ispettore non poté resistere alla tentazione di attirarla a sé.
“Ancora!”, fece la donna, tentando di distaccarsi.
“Non ti sei ancora stancato di me?”
“Non si può...non si può. Ho sempre voglia di te, amore “, ripeté Johnny, che l'abbracciò con più forza. Se non fosse stato per Mary Angel...se non fosse stato per quella dannata faccenda sarebbe rimasto lì. L'avrebbe di nuovo presa e scaraventata sul letto.
Consuelo riuscì a divincolarsi. Lo fissò un po’, poi andò in cucina per prepararsi una tazza di camomilla; ne aveva bisogno se voleva continuare a dormire.
“Ci vediamo stasera?”, chiese Johnny, prima di varcare la porta di casa.
“Non so se sono libera. Devo guardare nell'agenda. Forse   ho un impegno!”, disse.
“Al diavolo!”, sbraitò Johnny mentre scendeva le scale.
L'ispettore aspettò fuori al palazzo   con la   sigaretta   tra   le labbra che Alvin arrivasse.
“Finalmente. Avevo giusto bisogno di qualcuno per accendere la sigaretta”, disse, appena aprì lo sportello della vettura.
Alvin gli diede l'accendino.
Johnny tirò dieci tiri di fumo in poco tempo e   poi   schiacciò   la parte rimanente della sigaretta nel posacenere.
“Allora! Com'è questa storia? Mary Angel si è uccisa?” chiese Johnny.
“Si è suicidata ...la morte è avvenuta per impiccagione”,
“Uh ...pensi che abbia avuto dei rimorsi per aver ucciso William Stalling?”
“No, non credo. Non mi sembrava così disperata da fare quel gesto”
“E allora pensi che qualcuno l'abbia aiutata?”
“Boh! Andiamo a vedere prima come è stato. Non affrettiamo le conclusioni”
Mary Angel Stold s'era impiccata: era suicidio. Non   c’era alcun dubbio in proposito. Quando lasciò il carcere Johnny sentì una tristezza infinita scendergli sulla pelle.
“E' orribile vedere una giovane donna, così bella, morire in quella maniera “, esternò.

Brocksly 20 Giugno 1975

George Stalling ritornò nella villa che era quasi l’una: era stato in un caratteristico ristorante italiano a pochi chilometri da casa sua.
Lì per sua fortuna aveva   conosciuto   due   simpatici   sposini   in viaggio di nozze (erano italiani, pugliesi) e   s'era   trattenuto   a parlare con loro su vari argomenti; così le   ore   erano volate e si era completamente dimenticato di tutti   quei   pensieri   che l'avevano fino a poche ore prima assillato la mente.
Quando entrò in camera da letto, gli sembrò che su ogni parete della stanza fosse   scritto a caratteri cubitali quella frase: Solve Decumam Georgius.
Il problema era ritornato nella sua mente.
Nonostante si sforzasse di capire cosa   avesse   voluto   dire   suo padre con quella   frase   in   latino, non gli veniva alla mente alcunché gli facesse imboccare la strada giusta.
“Al diavolo! Ci penserò domani con calma e poi se anche...manderò tutto alla malora”, pensò Stalling.
Prese dei tranquillanti; era convinto di non poterne fare a meno quella notte.
Riuscì ad addormentarsi quasi subito.
Verso le sette del mattino si svegliò. Avvertì prima di vedere la presenza di qualcuno nella stanza. Prima che potesse dire una   sola   parola, l'uomo, che   stava seduto, cercò di tranquillizzarlo.
“Non abbia paura, signor Stalling. Non sono qui per farle del male. Sono...anzi ero un amico di suo padre”
“Chi sei? ...Che ci fai nella mia camera da letto?”, gridò George, spaventato.
L'uomo, che aveva una folta barba e un fisico grosso ed abbondante, non si scompose; si passò la mano nei capelli e continuò a parlare con calma.
“George! Non faccia così! Sono un amico. Di me si può fidare, anzi si deve fidare”
“No! Che vuoi? Si deve fidare! Se sei venuto per rubare, prendi quello che vuoi e va via”, gridò.
“Non faccia così. Non si   agiti. Io   sono   qui   per aiutarla. Lei non lo sa che è in pericolo di vita. Quelli   hanno già tentato una volta, non penso che sbaglieranno di nuovo”
“Lei dice che la mia vita è in pericolo, e perché? Io non ho fatto niente. “
“Certo, è così. Lei non ha fatto niente ma...è il figlio di William “
“E allora! ...Che significa! Che sbaglio ha fatto mio padre perché io paghi i suoi errori?”, chiese George, impaurito di scoprire qualche scottante verità.
Certo che la morte violenta di William Stalling e quel strano ed indecifrabile messaggio gli facevano pensare che la vita di suo padre non dovesse essere stata così semplice come lui credeva.
“E' perché lei è suo   figlio che   io   sono qui”
George cercò di capire ma le parole di quell'uomo erano tutte enigmatiche e misteriose.
“Ma...mi volete spiegare? Mi volete dire cosa ha fatto mio padre e perché devo chiedere la vostra protezione?”
George Stalling stava perdendo la bussola; quell'uomo così grosso, che parlava con una calma invidiabile, gli dava maledettamente fastidio.
“Stiamo solo perdendo del tempo prezioso. Basta! Non faccia tante storie. Si alzi dal letto e si vesta. Dobbiamo lasciare subito questa        casa. Ma non capisce che la vogliono uccidere. Avrà le risposte che vuole quando sarà il momento “
“Chi mi vuole uccidere? Io devo saperlo, altrimenti non mi muoverò da qui”
George fino a quel momento era rimasto seduto nel letto, ora s'era alzato e stava in piedi   davanti   all'uomo, a   cui   chiedeva continue spiegazioni. Non si fidava.
L'uomo si alzò dalla sedia con movimento lento, e ora George poteva visualizzare la completa struttura fisica di chi gli stava davanti; quell'uomo era un mostro, con quelle mani enormi e quella pancia e poi a vedere bene aveva una brutta faccia.
“E va bene! Ho capito, cazzo! Ma ...non riesci a capire, a convincerti che ti sono amico. Ti voglio salvare, George”
Con un lento movimento l'uomo prese dalla tasca una tessera e la diede a George.
“Vedi ora chi sono? ...Agente Crowin, agente del servizio segreto M5. Hai visto bene? Sei convinto? “
Stalling prese il tesserino e se lo rigirò per bene tra le mani, guardò la foto per vedere se somigliava all'uomo che aveva davanti.
“Sì, ora sono convinto. Lei è un agente segreto del servizio M5 ed è venuto per proteggermi. Un momento, il tempo di vestirmi; verrò con te “
Non aveva altra scelta che quello di seguire Crowin; del resto, se quell'uomo avesse voluto, lo avrebbe facilmente trascinato via con la forza.
Crowin si avvicinò alla finestra; fece qualche strano cenno con le mani come se volesse comunicare con qualcuno.
Dal leggero sorriso che affiorava sulle sue labbra si capì che era soddisfatto di come era riuscito a convincere George a seguirlo.
Il suo capo poteva essere contento di come stavano andando le cose. Erano le otto del mattino quando George lasciò la villa: una macchina aspettava con il motore acceso davanti al cancello.
L'autista fece un sorriso di compiacimento quando George si avvicinò; poco dopo l'auto partì veloce e si perse tra le strade della grande metropoli che lentamente si stava svegliando.

Londra 20 Giugno 1975

“Ho saputo dalla radio di Mary Angel Stold e del suo suicidio in carcere. Io dovevo venire”,
Il notaio aveva il fiatone, sudava ed era molto nervoso.
 “Bene. Non si agiti. Ora lei è qui e ci racconterà quello che vuole, ma si calmi”, disse Desty.
Il notaio si asciugò con il fazzoletto la fronte sudata ed aspettò di essere interrogato. L'ispettore si mise una sigaretta tra le labbra e non sembrò affatto impaziente d'interrogare il notaio, anzi sembrava che s'interessasse di tutt'altra cosa.
Alvin entrò nella stanza, prese l'accendino e fece per accendere.
“No. Lascia stare, Alvin. Non ho voglia di fumare ora. Prendo piuttosto un caffè. Ne vuoi?”
“Sì, vada per il caffè”, confermò Alvin, mettendosi l'accendino in tasca.
L'ispettore prese la caffettiera e versò il caffè nelle tazze; ne offrì anche al notaio che rifiutò.
“Ah, ci voleva proprio”, gustò Johnny, appena il caffè gli attraversò l'esofago.
Il notaio osservava tutto quello che facevano in quella stanza con aria pensierosa.
“La vedo calmo, ora”, disse l'ispettore.
“Finalmente!”, pensò il notaio che non vedeva l'ora di   raccontare quello che sapeva e di ritornare al suo vivere quotidiano.
“Se non sbaglio, lei ha accennato alla Stold, non è così?”
“Sì. Volevo parlarvi appunto di Mary Angel Stold”, rispose con un   fil di voce.
“Quindi, a quel che ho capito, lei è venuto a conoscenza che Mary Angel ha ucciso William Stalling e che poi si è suicidata, giusto?
“Sì, è come dice lei”
“Ora è qui per raccontarci qualche altro particolare importante sull'omicidio di William Stalling”
“No. Non so niente su quello omicidio. Io volevo solo dirvi alcune cose. Sta a voi valutare se è il caso...Ecco voglio dirvi che questa Mary Angel, la donna che si è uccisa in carcere, è beneficiaria di una consistente cifra donata dal signor Stalling”
“Ho capito bene! Lei vuol dire che il signor William Stalling nel suo testamento ha fatto una donazione in favore di ...Mary Angel Stold, la donna che lo ha ucciso?”
“Sì. In parte è come ha detto lei. Il signor Stalling ha fatto una donazione di centocinquantamila sterline a Mary Angel Stold e di centocinquantamila sterline a....Giulia Brandini”
L'ispettore continuò a chiedere varie cose al notaio; questi poté andar via solo dopo circa tre ore.
Il notaio, però, non aveva accennato alla busta che aveva consegnato a George.
Quando si trovarono soli nell'ufficio, Alvin tirò fuori dalla tasca una sigaretta e si mise a fumare. '
“Uh ... centocinquantamila sterline sono una bella cifra”, osservò Alvin.
“Già! Una bella cifra! Mi sto chiedendo perché Stalling ha fatto quella donazione”
L'ispettore, che aveva visto il fumo che usciva dalle narici di Alvin, incominciò a sentire il bisogno di fumare; così, senza pensarci su, prese dal pacchetto la sigaretta e chiese l'accendino.
Alvin glielo diede prontamente, ma Desty non si decideva ad accendere. Pensò, che era meglio rimandare; avrebbe fumato più tardi.
“Allora! Come vedi questa faccenda?”, chiese Desty.
“A dir la verità non la vedo proprio bene, Johnny”
“Cosa vuoi dire. Hai qualche idea in proposito?”
“C’è qualcosa che non quadra. Che cosa ha spinto William Stalling a fare   quella donazione? E poi...chi    è    Giulia Brandini? Che relazione c'è tra le due donne? Perché hanno avuto la stessa cifra?”
L'ispettore Desty pensò che era giunto il momento di fumare.
“Già! La stessa cifra ... centocinquantamila sterline! Pensi che questa Giulia...Giulia Brandini possa essere    anche lei implicata nell'omicidio di William Stalling? “
Alvin schiacciò il mozzicone di sigaretta nel posacenere, si passò una mano nei lunghi biondi capelli e si avvicinò alla finestra.
“Forse ...può anche essere che Giulia Brandini abbia aiutato Mary Angel Stold. Ma...le due donne si conoscevano?”
“Dovremmo indagare. Di Giulia Brandini non avevamo sentito parlare prima”, rispose Desty che si passò una mano in testa con un gesto istintivo; voleva emulare Alvin. Gli dava maledettamente fastidio vedere Alvin conficcarsi la mano in quella folta capigliatura. Pensò che lo facesse apposta per farlo arrabbiare.
“Già! Indagare, sapere, verificare...In che data è stato fatto il testamento di William Stalling?”
Johnny fu sorpreso da questa domanda.
“Data! Testamento! E che diavolo ne so io? “
“Potrebbe essere importante”, rispose Alvin, che senza aspettare alcun altra risposta, si precipitò a comporre il numero di telefono del notaio.
La segretaria lo pregò di attendere un solo istante, il tempo di passare la comunicazione al notaio.
“Dieci anni. Il testamento di William Stalling è stato redatto dieci anni fa”
“Dieci anni”! ...Caspita! Ma allora Stalling già conosceva Mary Angel Stold e all'epoca doveva conoscere anche Giulia Brandini”
Alvin riprese a fumare; Desty si trattenne da emularlo.
“Uh, che rebus! Cosa ne pensi Johnny? Il signor William Stalling dieci anni fa si presenta dal notaio e redige il testamento... centocinquantamila sterline per Mary Angel Stold e centocinquantamila sterline per ...Giulia Brandini”,
“Forse faremo bene ad indagare su questa Giulia Brandini per sapere almeno se si trova in Inghilterra o in Italia”
Alvin mise la sigaretta ancora accesa nel posacenere e si versò nella tazza altro caffè: gli piaceva molto quella bevanda.
“Sì. Non penso che impiegheremmo molto tempo a sapere dove si trova Giulia Brandini, ma per ora è meglio lasciar perdere; non complichiamo le cose. Cerchiamo di sapere qualcosa in più su Mary Angel Stold, di Giulia Brandini ci occuperemo in seguito se sarà il caso. Io comincerei a dare un'occhiata alla clinica”, consigliò Desty.
St. Maurizius”, disse, convinto, Alvin.
“La clinica St. Maurizius! La clinica dove Mary Angel   ha   detto di aver abortito?”
“Appunto!”
Non persero altro tempo.
La clinica St.Maurizius è una struttura moderna e funzionale di proprietà di un certo Scontenly, un ricco mercante d'oro. Il sistema previdenziale è completamente privato. I clienti della clinica sono per lo più ricchi banchieri o persone dell'alta finanza o gente danarosa che può permettersi la consistente retta giornaliera.
La clinica è completamente immersa nel verde, e prima di arrivare alla costruzione in cemento, antisismica, bisogna percorrere un lungo viale.
Nella clinica funziona un ottimo servizio alberghiero per quelle persone che desiderano rimanere accanto ai loro cari per tutto il periodo della degenza.
Johnny Desty non poté che convenire che William Stalling aveva scelto bene il luogo per fare abortire Mary Angel Stold; avrebbe potuto contare sui migliori specialisti del ramo e sulla totale omertà.
“Sono l'ispettore Desty”, disse, quando si presentò alla reception della clinica, mostrando il tesserino.
L'infermiere   lo   accompagnò   dal   direttore   sanitario, al   quale Desty chiese di voler visionare la cartella clinica di   Mary Angel Stold. Niente!
Nonostante le ricerche, nessuna donna con quel nome era stata ricoverata nella clinica per un qualsiasi motivo negli ultimi tre anni.
Non ne caveremo niente”, disse Desty mentre si metteva una sigaretta tra le labbra.
Alvin, come faceva quasi sempre, accostò la fiamma dell'accendino alla punta della sigaretta.
Johnny Desty aspirò in poco tempo il nero fumo, e si tenne poi la sigaretta tra le dita, aspettando che questa si consumasse da sola.
“Vado dal professore Schopenhauer”, disse, deciso, Johnny.
“Schopenhauer! ...E chi è? Sa qualcosa su Mary Angel Stold?”
“Tenterò. Penso però che dovremo tornare qualche altra volta in questa clinica per avere un briciolo di verità. So però che il professore è un esperto...di fama internazionale”,
“Quale branca specialistica?”, chiese, curioso, Alvin.
Johnny Desty non rispose, indicò con la mano la testa ed Alvin capì che la mania di Johnny di voler a tutti i costi farsi crescere i capelli in testa non lo abbandonava mai.
Il professore fu molto gentile. Lo visitò con grande attenzione.
“Allora? - chiese Johnny, ansioso -  C'è qualche speranza? Pensa che…”
“Forse...dovremo fare molte   analisi, dei   controlli   speciali. Può venire la prossima settimana? “
“Certo...la prossima settimana. Devo giusto ritornare in questa clinica per sapere alcune cose su Mary Angel Stold ...lei la conosceva? “ —
“Forse...ne passano tante in questa clinica. Per quale motivo fu ricoverata?”
“Aborto...Ha abortito circa due anni fa se non sbaglio.
“Chieda in direzione, lì sapranno senz’altro rispondervi. Allora...le fisso un appuntamento per la prossima settimana?”
“Sì”, confermò l'ispettore.
Quando Johnny uscì dallo studio del dottor Schopenhauer, Alvin si avvicinò e chiese se c'erano speranze.
“Forse...così ha detto il professore, così   dicono   tutti. Nessuno ti dà una condanna      definitiva”, rispose Johnny, infilandosi una sigaretta tra le labbra. Alvin questa volta gli passò l'accendino.
“Tienilo! ...Da come stai fumando, penso che è meglio che lo tenga tu “
“Non dire stronzate, Alvin. Sai bene che il mio è un metodo per limitare il fumo”

“...Hai saputo qualcosa su Mary Angel Stold?”, chiese Alvin, sapendo che il suo capo difficilmente si sarebbe lasciato sfuggire l'occasione...

ADIOS COMPAGNERO

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